In Italia le aste immobiliari svendono case a un terzo del valore, lasciando famiglie indebitate e favorendo speculatori. Federcontribuenti denuncia il sistema.
In Italia si continua a speculare sul fallimento delle famiglie, mentre il mercato delle aste immobiliari si trasforma in un’arena spietata in cui pochi investitori senza scrupoli si arricchiscono a spese dei cittadini più fragili. Case vendute a un terzo del loro valore reale, debiti che non si estinguono nemmeno con la perdita dell’abitazione, e una spirale di impoverimento che colpisce migliaia di nuclei familiari.
I dati parlano chiaro: nel 2023 gli immobili residenziali messi all’asta sono stati aggiudicati a un prezzo medio di 700 euro al metro quadro, a fronte di un valore di mercato di circa 1.970 euro. Una svalutazione sistemica che svende il patrimonio immobiliare nazionale e nega ogni possibilità di recupero equo, sia per i debitori che per i creditori.
A denunciare con forza questa deriva è Federcontribuenti, associazione da sempre in prima linea nella difesa dei cittadini tartassati. “Ci troviamo davanti a un meccanismo perverso – spiega l’associazione – in cui le case di famiglie travolte da difficoltà economiche vengono liquidate a prezzi da saldo, mentre speculatori professionisti si arricchiscono comprando a poco e rivendendo a molto. È immorale e socialmente devastante”.
Il paradosso, secondo l’associazione, è duplice: da un lato le famiglie perdono la casa e si ritrovano comunque con debiti residui non estinti; dall’altro i creditori – spesso banche e finanziarie – riescono a recuperare solo una frazione del credito iniziale. Un sistema che non tutela nessuno, se non gli operatori specializzati nel trarre vantaggio dalla sofferenza economica altrui.
Nel 2024, il numero delle aste immobiliari si è attestato oltre 78 mila unità, con una media di 215 immobili al giorno battuti in tutta Italia. Numeri in calo rispetto agli anni più duri della crisi, ma ancora troppo alti per non sollevare allarme sociale.
Federcontribuenti chiede un intervento strutturale da parte delle istituzioni, con l’introduzione di regole che rendano il sistema più equo, trasparente e rispettoso della dignità delle persone coinvolte. Tra le proposte: un tetto minimo sotto il quale non si può vendere l’immobile, il diritto di prelazione per il debitore, e una maggiore regolamentazione degli investitori professionali.
“In uno Stato civile – conclude l’associazione – non si può tollerare che il diritto alla casa diventi un terreno di caccia per chi lucra sul fallimento degli altri. Serve un cambio di paradigma, che metta al centro la tutela dei soggetti vulnerabili e la salvaguardia del patrimonio abitativo nazionale”.