Nel febbraio 2014 il titolare del gruppo Zanardi si suicida per i debiti accumulati. La Federcontribuenti chiamata in causa si attiva depositando un esposto denuncia per verificare l’operato di alcuni amministratori del Gruppo, poi segue l’azienda cercando di non lasciar morire un’eccellenza italiana e arriviamo ad oggi, dove sotto accusa finisce il concordato fallimentare. ”Ci hanno parlato di note spesa esorbitanti, abbiamo inviato una lettera al curatore fallimentare”.
Sono gli ex lavoratori della Zanardi ad essere arrabbiati: ”in cassa il curatore fallimentare ha trovato un milione e 850 mila euro, frutto del nostro lavoro, ma ci è stato detto che forse bastano a pagare le spese della procedura e i nostri arretrati?”. Per questo si sono rivolti nuovamente alla Federcontribuenti, perchè si son sentiti presi in giro, ”lo strumento del concordato, – spiega il presidente della Federcontribuenti, Marco Paccagnella -, dovrebbe permettere a tutti i creditori di sedersi attorno ad un tavolino e discutere come meglio sanare definitivamente i debiti dell’azienda nei loro confronti. L’accordo raggiunto può prevedere un pagamento parziale dei debiti o la dilazione degli stessi. Tuttavia, in questo caso, abbiamo riscontrato criticità che intendiamo approfondire e definire”.
La normativa sul concordato parla chiaro, i primi a dover essere pagati sono i professionisti nominati dal giudice per la predisposizione del piano di concordato fallimentare, una decina di esperti in tutto, tra avvocati e periti di vario genere.
La normativa diventa poco chiara quando delinea i parametri sul compenso, si parla di percentuali, quindi più grande è la torta e più grande sarà la fetta? In questo caso su 1 milione e 850 mila euro, molti creditori reali avranno solo il 6% e in ultimo, se avanza qualcosa, sarà dato ai lavoratori.
Abbiamo avvocati pagati 220 euro l’ora, chi controlla le ore e come fa il controllore a verificare l’effettivo tempo impiegato? Si va a fiducia!
Per l’ attuazione si è presentata fattura, scontata, di 280 mila euro, inoltre, la sede legale del Gruppo era a Pordenone, invece è stato interessato il tribunale di Padova.
Paccagnella: ”perchè non attendere la chiusura delle indagini da parte della Procura prima di smembrare tutto? In base a quale criterio e mi rivolgo a chi ha scritto la normativa, si decidono compensi e perizie e chi o cosa pagare per prima? In azienda, dove alcuni ex lavoratori si son costituiti in cooperativa, si trovano macchinari fuori uso ma necessari ai lavoratori che conoscono queste macchine da venti anni e sanno farle funzionare. La perizia le ha definite fuori mercato, svendibili per pochi euro, perchè non lasciarle agli attuali lavoratori e riconoscergli una porzione dello stabilimento, capannone difficile da vendere, per svolgere l’attività come riconoscimento economico? Per tutti questi motivi abbiamo chiesto di visionare gli atti, come le note spesa, legati all’attuazione del concordato omologato”. Una cosa è certa, il concordato fallimentare non ha tra le priorità la tutela dei diritti degli ex lavoratori o dei creditori e nemmeno quella di salvare il salvabile.