In un anno, appena 485 imprese hanno fatto ricorso all’istituto della composizione negoziata, nonostante a livello nazionale ci sono 28.860 aziende che mostrano problemi di carattere finanziario o fiscale. Lo denuncia Federcontribuenti, ricordando che questo istituto – introdotto con il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – dovrebbe risolvere la maggior parte delle crisi di impresa, e evitare quindi il fallimento di molte aziende “sane”. Invece finora ha prodotto risultati pressoché nulli. Lo dimostra anche il fatto che il 68% delle imprese che vi hanno fatto ricorso – quindi più di due su tre – puntava solamente a mettersi al riparo dalle eventuali richieste dei creditori.
“Le procedure fallimentari – sottolinea Marco Paccagnella, presidente della Federazione – sono un buco nero che inghiotte le imprese. Una volta che vengono attivate, non c’è più alcuna speranza di ristrutturare l’azienda, anche perché i fondi residui vengono usati per sostenere i costi della procedura stessa. Adesso più che mai, con la crisi economica che stiamo attraversando, è necessario che gli strumenti alternativi funzionino effettivamente. Dobbiamo salvare tutte quelle imprese che stanno attraversando delle difficoltà, ma non sono affatto decotte”.
Secondo l’Avvocato Fabio Gabrieli, consulente della Federcontribuenti, sono principalmente tre i motivi che bloccano il ricorso alla composizione negoziata. Primo fra tutti i lunghi tempi, servono almeno 45 giorni per ottenere i certificati necessari dall’Agenzia delle Entrate e dall’Inps. È un intervallo eccessivo, soprattutto se si considera che questo istituto serve a risolvere precocemente una crisi, per evitare che degeneri in stato di insolvenza. Un secondo motivo riguarda più genericamente tutto il Codice della crisi: l’impianto non è stato coordinato con la normativa sulla vigilanza bancaria, e quest’ultima ancora impone alle banche di effettuare dei controlli che sono incompatibili con gli strumenti introdotti dal Codice. Il terzo motivo è il divieto, per l’impresa che ricorre alla composizione negoziata, di accedere anche alla transazione fiscale. In questo modo si escludono tutti quei soggetti che hanno accumulato anche debiti fiscali e previdenziali. Eppure, “Per far sì che la composizione negoziata funzioni, basterebbero un po’ di volontà e di organizzazione” – osserva ancora Paccagnella. – I tribunali fallimentari non dovrebbero far altro che costituire delle commissioni formate da consulenti fiscali, finanziari e legali che possano accedere con priorità alle informazioni di cui hanno bisogno. In questo modo si potranno evitare tanti fallimenti non necessari” conclude il presidente di Federcontribuenti.