L’Antitrust ha stabilito come la Intermarket Diamond Business (Idb) e la Diamond private Investment (Dpi), attraverso le maggiori banche quali Intesa San Paolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Banca Popolare di Milano, abbiano venduto diamanti con modalità ingannevoli e a prezzi gonfiati, ben oltre il valore reale, con pratiche commerciali subdole e dietro la promessa e garanzia verbale di un investimento sicuro o con l’opzione di rivendere, agli stessi, il diamante senza perdita. La garanzia, ai clienti chiamati per l’investimento è stata data dalle banche che hanno favorito e incoraggiato l’affare. Con questa pratica il cliente risulta prima raggirato e infine danneggiato.
Quanto vale il diamante acquistato in banca?
Ci siamo basati sui listini internazionali, ma soprattutto ci siamo confrontati con esperti gemmologi perché, sotto accusa, vi è soprattutto la qualità dei diamanti venduti in banca che doveva essere la garanzia dell’investimento ma anche del prezzo pagato. Un diamante venduto in banca è stato stimato solo il 20% del prezzo pagato. Vale a dire che un diamante acquistato a 10 mila euro varrà solo 2.000 euro se ceduto ad un commerciante. E se il cliente volesse rivendere alla banca il diamante? Verrà pagato non oltre il 25% dell’importo pagato dallo stesso al momento dell’acquisto.
Come ottenere giustizia?
Solo un giudice può annullare il contratto di vendita e obbligare le banche a risarcire il cliente. Quindi il cliente che vuole vedersi rimborsato dovrà avviare un azione legale nei confronti di chi gli ha venduto il diamante. Specifichiamo che in Italia la class action è assolutamente inefficace e non applicabile a questi casi quindi, se qualcuno dovesse consigliarvela o invitarvi a farne parte sappiate che state consegnando il vostro diritto al risarcimento ad una procedura inesistente. Il diritto alla restituzione si prescrive in 10 anni e il conteggio inizia dalla data di vendita.
Esiste la certezza di un rimborso?
Chi garantisce al 100% un’azione legale vi sta, ulteriormente, truffando. Nessuno studio legale, associazione o altra entità può garantire una sentenza positiva. Fate attenzione alle procure o ai mandati o addirittura ai contratti che vi chiederanno di firmare preventivamente, molti documenti prevedono parcelle esagerate, anticipi non in linea con i principi legali e saldi anche in caso di sentenza negativa. Fermo restando che l’azione legale è l’unica via per ottenere il diritto al rimborso e che è diritto sacrosanto di ogni cittadino – consumatore – contribuente vedersi difeso e tutelato.