Perchè un giornalista di Il Fatto Quotidiano si è preso la briga di deridere un suo collega della Rai? La firma di una testata libera contro la firma cui redazione è covo di famelici intrighi politici ed economici. Criticare un sistema è lecito, ma lo è altrettanto criticare chi lavora?
Dice Galella di Il Fatto Quotidiano: ” Lo Speciale del Tg 1, trasmesso in seconda serata, ha avuto un riscontro di share piuttosto basso, sotto il 7 %, lontano dalla media della rete e della fascia oraria. I numeri assoluti sono anche meno lusinghieri, circa 500 mila spettatori. Troppo pochi. ”
Si è anche preso la briga di vedere lo share, ma perchè? Possibile, considerato che fa specificatamente il nome del collega Rai, Francesco Brancatella, si tratti di una questione privata, magari di antipatia? Se fosse così, è etico, morale, gettare tutto in pasta all’opinione pubblica?
Continua Galella sullo speciale del TG1 dal titolo – Vite Normali – : ” Per essere veramente “speciali”, gli approfondimenti del Tg 1 dovrebbero avere l’umiltà di sperimentare nuove soluzioni, anziché ripetere per quanto raffinatamente quelle vecchie.”
A noi di Federcontribuenti, Brancatella, non ci ha nemmeno nominati nello Speciale andato in onda lo scorso 9 giugno e oggetto delle critiche, non siamo nemmeno fans del sistema Rai, ma, tanto meno lo siamo di queste critiche personali, di nessuna valenza sociale, inspiegabili. Nello speciale tra le altre storie c’era la quotidianità di una famiglia con in casa un malato di Sla, totalmente paralizzato e dove solo gli occhi sono vivi e movibili. Galella dice: ” …non c’è nulla di normale, ad esempio, nella storia di Andrea Zambon. Un uomo affetto da Sla, malattia invalidante e progressiva, che gli ha paralizzato quasi del tutto la muscolatura. Per comunicare con la famiglia e gli amici che lo circondano muove le palpebre, in maniera quasi impercettibile. Vediamo i tre figli – due femmine e un maschio – e la moglie seduti a un tavolo del salone della loro casa, con un letto su cui è sdraiato il padre. Nel ricordare gli episodi tratti dalla vita quotidiana, sorridono, sembrano quasi felici, come se avessero introiettato la straordinarietà, l’avessero addomesticata e resa mansueta, quindi spesso si rivolgono all’uomo dietro le loro spalle, e chiedono un suo parere circa questo e quello, come se potesse parlare. E dai piccoli movimenti degli occhi deducono le sue risposte. Sostenere il peso di un tale decadimento non ha niente di normale sapere che una persona cara sta perdendo l’uso della muscolatura fino al momento in cui, qualora lo si voglia tenere in vita, si sarà costretti a praticargli la respirazione artificiale, offende la normalità, che molti disprezzano e altri inseguono invano ”. Intanto, è di cattivo gusto interpretare lo stato d’animo di chi vive la normalità con un malato in casa, si può e si deve raccontarla come si presenta, sottolineando semmai la scarsa attenzione della classe politica per queste famiglie e non se hanno o meno
” addomesticato la straordinarietà ”. Inoltre, tra le storie della puntata, e che Galella non ha citato, la vicenda del testimone di giustizia, Pino Masciari; mai come oggi, in Italia abbiamo l’urgenza di raccontare, seguire e condividere simili messaggi, veri atti eroici. Insomma, per farla breve, mamma Rai ha tutte le pecche e i difetti tipici del conflitto di interesse, ha programmi scontati e banali come ogni altra redazione, ma, vogliamo dire a Galella: se si devono raccontare storie già raccontate è perchè chi le vive e subisce, come nel caso della famiglia Zambon, finisce poi davanti al ministero dell’Economia a rivendicare i propri diritti. Oppure, nel caso di Pino Masciari, molte vittime di mafia finiscono dimenticati, emarginati, lasciati soli contro i potenti demoni. Brancatella ha, infine, svolto quanto doveva, un lavoro serio, pulito, senza lacrime o piagnistei o opinioni non richieste. Questo fa un giornalista, raccontare senza pregiudizi ciò che vede. Qui il video dello Speciale TG1 afinchè possiate trarre voi le giuste considerazioni.
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Un commento
mariangela
Sig. Galella, credo che Lei non si renda conto, vero, di aver offeso tutte quelle famiglie che sono riuscite a rendere straordinariamente normali, le loro vite trasformate dal dramma di questa malattia. Lascerei correre i suoi commenti ma li trovo davvero poco dignitosi e privi di quell’umana considerazione che differenzia un giornalista asettico da uno emozionalmente coinvolto al punto giusto, sia chiaro, senza sconfinare nel pietismo o nel trash. Le sue esternazioni sono quanto di peggio possa meritare chi vive questa malattia, persona minata nel fisico, non nel cervello, persona che ha diritto di stare al mondo, sceglie di farlo, e non si aspetta certo che il suo nucleo familiare venga considerato un agglomerato di pazzoidi che si ostinano a chiedere un parere ad un manichino. Ciò che Lei non è stato in grado di comprendere e io ho il dovere di insegnarglielo, è che c’è gente che non sceglie di essere disabile nel fisico, succede sa, a tanti. Il compito dei normodotati, per quanto Lei scrive, dovrebbe essere quello di sopprimere il sacco di patate inchiodato al letto perché non rientra nei canoni della normalità. Credo che Lei abbia utilizzato un modo per attaccare la Rai in questo caso davvero fuori da ogni logica umana, culturale e professionale. Quando avrà voglia di imparare qualcosa di positivo e di propositivo, faccia un salto ai nostri presidi e se mai dovesse ricapitarLe, su qualunque media, un servizio sui diversamente abili, cambi canale perché non ha la capacità, obiettiva, di valutare il valore della vita umana, al di là dell’involucro che la contiene.