Roberto Saviano, personaggio controverso solo per chi proprio non vuole capire, ha denunciato il suo status di testimone di giustizia, di accusatore, di penna ribelle. Saviano si trova nella stessa situazione, di certo con meno disagi, di un qualunque uomo che ha osato sfidare la mafia, che sia essa siciliana, calabra, campana. ”Nessuno più parla dell’olocausto dei testimoni di giustizia e delle loro famiglie, – dice Pino Masciari -, lo Stato non può dimenticarci, ignorarci, lasciarci ai tutor d’ufficio, perchè noi andiamo verso l’affermazione della legalità. Se lo Stato dimentica i propri cittadini che combattono il crimine organizzato, rischiando in proprio, indirettamente agevola la contro parte: lo Stato non può rendersi complice, non può perdere tempo su questo fronte ”.
” Non è tanto la scorta, il non avere una vita normale, è soprattutto il non sentirsi presi inconsiderazione dallo Stato, – rincara Paccagnella di Federcontribuenti -, questi cittadini si sentono costantemente a disagio, un peso e soprattutto hanno paura di non uscire mai più dal sistema di protezione. Sono costantemente in fuga, loro e le loro famiglie, allontanati dalla propria città, vagano senza una fissa dimora. Un esilio silenzioso, forzato e ingiusto. Il paradosso è che le città restano vivibili solo ai referenti mafiosi e loro famiglie ”. Un testimone liberamente minacciato in un’aula di tribunale o deriso dagli imputati e loro legali, è un cittadino stuprato e stuprata è la giustizia. Probabilmente le mafie non hanno né più coraggio e né più interesse ad uccidere chi da morto potrebbe fare più danni che da vivo. Si svegli quindi la magistratura indicando le anomalie che fanno di un processo per mafia un processo contro chi ha denunciato la mafia.