Il costo del lavoro mensile di un operaio in Serbia è di 300 euro, in Russia, 500 euro contro i 2.000 euro dell’Italia e i 2.700 euro di Francia e Germania. Davanti ad una concorrenza così spietata e in assenza di regole, dobbiamo organizzarci per non morire. Quello che ciascun governo dovrebbe offrire alle imprese è il miglior clima per gli investimenti, rendere insomma il proprio Paese la culla perfetta per l’imprenditoria. Mentre i nostri leader si trastullano con il Risiko, la Federcontribuentista stipulando accordi per attrarre il maggior numero possibile di Paesi disposti ad un equo scambio imprenditoriale con le nostre piccole e medie imprese. Cosa manca all’Italia per diventare nuovamente calamita di investimenti?
Un costo del lavoro contenuto, la tassazione dei redditi privati e d’impresa limitata al 10%, i redditi di capitale tassati al 20%. L’erogazione di contributi a fondo perduto per chi crea occupazione e la possibilità di esentare dalle tasse, per i primi tre anni, chi crea lavoro e posti di lavoro, partendo dal congelare i contributi Inps. Perchè da noi ancor prima di fare la prima ora di lavoro si devono pagare tasse esose e impossibili. ” Molti Paesi europeisi stanno organizzando a dispetto di noi, – spiega il presidente Paccagnella, – andando ad investire in paesi come la Serbia, la quale mette a disposizioneinnumerevoli strumenti ed agevolazioni sia in materia fiscale sia di sussidi ed incentivi a fondo perduto.Lo sanno bene le nostre holdingche stanno sfruttando, ai limiti della speculazione, tali vantaggi. Possibilità esclusa alle nostre piccole aziende, perchè?”.
La Serbia si è reso paese attraente per investitori che possono avviare attività produttive con ottime condizioni fiscali. Il regime fiscale serbo è fra le più basse del mercato globale, inoltre, ” esiste una convenzione tra Italia e Serbia contro la doppia imposizione, disponibilità di linee di finanziamento, prestiti agevolati e altri strumenti promossi anche dalle istituzioni italiane ”.
Bassi costi di esercizio d’impresa in generale a partire dal costo d’energia, capannoni industriali, e terreno ceduto in comodato d’uso per costruire nuovi insediamenti produttivi. Non solo la Serbia, fuori l’Euro esiste un mercato florido in costante crescita, un mercato aperto ai grandi gruppi nazionali, come quelli di casa nostra, ma non alle piccole e medie imprese chiamate a sborsare oltre il limite della ragione e del dovuto.
Le aziende insediatein Serbia, ma non solo, godono di esenzione dalla tassa sugli utili per un periodo di 10 anni a partire dal primo anno in cui dichiarano un utile imponibile d’esercizio.
L’importo delle tasse può essere ridotto fino all’80% dell’importo degli investimenti nelle immobilizzazioni realizzati nell’anno d’esercizio. La perdita fiscale dell’esercizio può essere riportata e compensata con l’utile negli esercizi degli anni successivi per il periodo massimo di 5 anni. Nel caso in cui un contribuente abbia già pagato l’imposta sull’utile generato in Serbia, tale reddito non è soggetto a un’altra tassazione nel paese d’origine (Italia) in base all’Accordo contro la Doppia Imposizione tra la Serbia e Italia.
Esenzione dal pagamento dell’imposta sugli stipendi e sui contributi a carico del datore di lavoro.