La Corte Europea conferma le gravissime irregolarità sulla riassegnazione delle quote latte agli allevatori. Federcontribuenti: ”per 32 anni abbiamo accumulato debiti dando denaro pubblico a falsi allevatori lasciando morire quelli onesti e ora 600 allevatori leghisti del nord e morosi bussano al partito che risponde con una nomina ad hoc”. Il mercato del latte italiano passa da 180 mila unità a 30 mila; erogati 6 miliardi di euro l’anno agli allevatori. Intanto pronte nuove cartelle per gli allevatori”. Chi risarcirà le aziende agricole per la produzione del latte dalle proprie mucche che hanno chiuso, fallito sopratutto per la sleale concorrenza? Chi pagherà i restanti 2 miliardi di euro di multa? Chi salverà gli onesti allevatori e produttori del latte italiano? Che ne dite se risarciamo questi con i 49 milioni dei rimborsi elettorali?
Il regime delle quote latte (da aprile del 2015 non è più in vigore) prevedeva che le quote inutilizzate venissero redistribuite fra gli allevatori. A gestire il complesso meccanismo di assegnazione l’Agea che seguiva criteri di preferenza stabiliti da una norma nazionale (legge 118/1999), con la quale si dava precedenza, ad esempio, alle aziende in aree difficili, come quelle montane ma, ”proprio queste preferenze concesse fuori legge hanno devastato gli allevatori onesti, anche perché molte di queste aziende montane non esistevano; le numerose indagini sul furto e il commercio delle quote latte non hanno mai individuato gli onorabili responsabili”.
Dopo la sentenza della Corte Europea vanno riconteggiate tutte le multe.
”A questo punto occorre un riconteggio di tutte le multe comminate agli allevatori fra il 1992 e il 2003, anni nei quali migliaia di aziende hanno cessato l’attività proprio a causa delle stesse multe”.
Il mercato del latte italiano dopo la stagione delle ”quote latte” risulta distrutto passando da 180 mila unità a sole 30 mila stalle rimaste. Importiamo 9 milioni di tonnellate di latte e chi oggi sogna di diventare premier a colpi di gavettoni conosce bene tutta la vicenda delle quota latte – anche perché una buona fetta di elettorato leghista appartiene proprio ai produttori di latte del nord – infatti proprio la Lega piazza all’Agea e prima del fine mandato proprio Andrea Comacchio leghista di ferro al posto dell’attuale direttore. Lo scopo? Probabilmente trovare uno scudo agli amici allevatori”.
Siamo nel 1983, la Cee stabiliva che per limitare il crollo dei prezzi sul latte andava limitata la produzione Paese per Paese: una goccia in più e scattava la multa.
Sin dall’introduzione del sistema la prevalente contestazione ha riguardato la mancanza di dati certi utilizzati per i metodi di calcolo del prelievo e la carenza dei controlli per portare chiarezza sull’intera questione. Insomma, chi si è voluto favorire? Nel 1997 la prima Commissione governativa affermava l’inattendibilità degli accertamenti fino a quel momento effettuati dall’AIMA e la scarsa attendibilità dei dati di produzione. Accertava tutta una serie di cosiddetti “fenomeni truffaldini” nella gestione delle quote latte (si va dall’assegnazione di quote a soggetti inesistenti o non allevatori, alla falsa fatturazione come prodotto in Italia di latte importato in nero, ecc.), oltre che contrasti tra la normativa comunitaria e la legislazione italiana di attuazione, nonché l’illegittimità dei QRI assegnati da AIMA fino ad allora e l’illegittimità delle conseguenti compensazioni. Anche nell’ultima Commissione di indagine del 25 giugno 2009 si identificavano numerose anomalie come la non corrispondenza tra numerose dichiarazioni L1 (dichiarazioni annuali della produzione del latte) e con gli identificativi fiscali presenti nella Banca Dati Nazionale (BDN) e anomalie circa l’assenza per numerose aziende della registrazione dell’autorizzazione igienico-sanitaria, secondo il DPR 54/1997. Precisa la Relazione del 2010 “…un sistema poco regolamentato…tale da consentire facilmente comportamenti fraudolenti”. Federcontribuenti, ”Vogliamo soprattutto capire quanto latte nostrano oggi arriva sulle nostre tavole, il cartello che pensiamo esistere dietro la produzione e la commercializzazione e l’attendibilità sulle norme di sicurezza del latte importato”.