A conferma che per un intero anno non una misura adeguata è stata introdotta né dal governo Monti, né dal governo Letta, Federcontribuenti, al termine della seconda edizione del “Tour della crisi”, con un pulmino messo a disposizione di giornalisti, deputati e senatori italiani e che ha percorso le strade ormai deindustrializzate a caccia di qualche impresa superstite ribadisce il concetto: ” quelli che possono permettersi di chiudere il Parlamento per andare in vacanza e lasciare l’Italia e le aziende in condizioni più che critiche, considerate le maledette scadenze fiscali e quelli come noi che restano qui, a combattere assieme agli imprenditori che non si faranno una sola ora di vacanza per poter riuscire a salvare l’azienda e la loro famiglia dal fallimento”.
Mettere in contatto il mondo della politica con la quotidianità delle aziende cercando una soluzione che a breve termine dia respiro agli imprenditori soffocati da tasse e fisco sembra una impresa titanica. ” Occorrono riforme e politiche a lungo termine che per qualità e importanza possano essere definite come un cambiamento radicale del rapporto tra Stato e imprese, invece si continuano a varare decretini inutili, veri palliativi e a fingere di non vedere il sopraggiungere della fine del mondo del lavoro, dell’occupazione e con tutte le conseguenze che si susseguono colpendo ogni area ”. Non tutti però raccolgono l’invito. Lo fa Giulia Narduolo, deputata del Partito Democratico. Lo fa anche Antonio De Poli dell’Udc e Paolo De Franceschi, delegato per Fratelli d’Italia. Nutrita rappresentanza anche da parte del partito della Lega Nord: Emanuela Munerato, Roberto Caon ed Emanuele Prataviera insieme a Mara Bizzotto, europarlamentare e habitué dell’evento (unica presente anche all’edizione dello scorso anno). “Noi abbiamo invitato tutti – dice Marco Paccagnella – ma c’è chi ha causato, nei governi precedenti, troppi danni e ora preferisce rimanere chiuso a Roma”. Il riferimento è al partito del Popolo delle Libertà, ma assente anche il M5S che, come ironizza sempre lo stesso presidente “la rivoluzione probabilmente l’ha portata in vacanza”. Il pulmino è guidato da Moreno Dal Pian proprietario dell’omonima azienda di autotrasporti che da anni, come denunciava lo scorso agosto, “tira a campare e con difficoltà”. Prima tappa è quello che resta del Punto Ceramiche di Roberto Lunardi, artigiano dal 1970 e oggi vittima di usura e anatocismo bancario. Un prestito di 45mila euro dalla filiale locale di una banca veneta che appena annusata la crisi economica gli ha chiesto il rientro del credito in tempi strettissimi: “Siamo riusciti a rientrare della metà del debito – dice Lunardi – e saremmo riusciti a breve termine anche a rientrare del resto se la banca non ci avesse messo i bastoni tra le ruote. Avevamo richieste per diversi lavori, anche un appalto pubblico, ma senza soldi non potevamo comprare i materiali e pagare gli operai. Così tutto si è dissolto come fumo, anni e anni di lavoro gettati dalla finestra in pochissimo tempo”. Lunardi è in causa con la banca: “crediamo di essere vittime di questo istituto bancario – denuncia con rammarico l’imprenditore – secondo i nostri calcoli siamo stati vittima di anatocismo per l’importo almeno di 170 mila euro”. Quindi quattro volte tanto l’importo di cui era debitrice l’azienda. Tutti licenziati, i suoi operai, compresi i familiari: “ lavoravo con 2 geometri e 4 operai, li ho dovuti licenziare, compresa mia moglie e i miei due figli. Chi mi restituirà il mio lavoro se il giudice dovesse stabilire che io ho ragione?”. Domanda che resterà senza risposta per Marco Paccagnella, che ha parlato di Lunardi come uno dei tanti imprenditori in queste condizioni: “serve un maggiore controllo sugli istituti di credito, sia nell’erogazione della liquidità ma anche su quella che ormai sembra essere diventata una prassi della banca: anatocismo e usura. Ci confrontiamo ogni giorno con imprenditori e consumatori vittime di questi metodi – dice ancora Paccagnella, che con toni decisi conclude – “Non è più possibile fare finta di niente”. Come non è possibile far finta di non vedere una tassazione troppo alta, una burocrazia asfissiante e l’assenza di regole e di controlli perchè queste imprese oneste oltre alla mancata politica pagano la disonestà di altrettante imprese veri covi di clan e clientelismo vario.