SSN – il mercato nero delle visite specialistiche. Federcontribuenti: ” i medici che svolgono la professione intramoenia sono il 48% e solo il 20% di quanto percepiscono va al SSN. Ogni anno la prestazione intramurale vale 1.2 miliardi di euro. Se si rispettasse la normativa delle prestazioni fuori tempo massimo, questi flussi si ridurrebbero con un notevole risparmio per le casse del SSN. Ormai si parla di veri e propri Cup pubblici promoter”.
Il Ddl di bilancio per il 2019 conferma il livello di finanziamento del SSN in 114,435 miliardi ”però nessuno fa luce su un meccanismo perverso che sta polverizzando tutto il sistema sanitario nazionale tant’è vero che non solo le liste di attesa non si sono ridotte, non solo continuiamo a chiudere ospedali ma aumentano i cittadini che non riescono ad accedere alle cure. Ma tutti questi soldi, a chi vanno? Quanto pesa la parte amministrativa sul budget del SSN? Lo spreco è a monte, mai a valle”.
La procedura sulla carta sarebbe semplice.
Se una struttura non può garantire il rispetto dei tempi previsti per una visita specialistica, lo stesso sportello delle prenotazioni, deve indicare al cittadino le strutture pubbliche o private accreditate (convenzionate) che assicurano il rispetto della tempistica; solo nel caso che nessuna struttura pubblica o convenzionata sia in grado di erogare la prestazione l’Azienda sanitaria può autorizzare la prestazione in regime intramurario. In questo caso il cittadino non deve sostenere alcun onere economico aggiuntivo, se non l’eventuale ticket (se non esente). ”La prestazione intramuraria risulta per il medico molto più vantaggiosa dal punto di vista economico e il fenomeno è talmente sfuggito di mano che lo stesso Ministro con una circolare del 14 giugno 2018, chiedeva agli Assessorati per la sanità delle Regioni le modalità e i criteri individuati dai piani aziendali per la determinazione dei volumi di attività istituzionale e dei volumi di attività libero-professionale intramuraria”.
Proprio nelle regioni dove tale prestazione è più elevata che troviamo i dissesti economici gravi. Al momento sono sette le Regioni sottoposte alla disciplina dei Piani di rientro in Sanità: Puglia, Abruzzo, Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Molise; le ultime quattro sono commissariate.
Con la nomina del commissario sono attivate varie misure sanzionatorie, tra cui il blocco del turn over del personale (a oggi non attivo in alcuna Regione), il divieto di effettuare spese non obbligatorie, l’incremento in via automatica delle aliquote fiscali IRAP e IRPEF.
”Non solo al paziente viene negato l’accesso alle cure poiché tutto è a pagamento e mancano le strutture, ma gli aumentiamo anche le tasse per coprire buchi dipesi dall’alta dirigenza”.
La priorità deve essere il paziente.
”Basta applicare un minimo di ragionamento per individuare il rischio che l’intramoenia diventi la contropartita delle Amministrazioni inoltre se le liste di attesa non si riducono è chiaro che il motivo sta nella mancanza di strutture sul territorio. Occorre: obbligare a svolgere l’intramoenia solo all’interno delle strutture del SSN e porre un tetto massimo annuale a tale pratica. Inoltre vanno subito potenziate le strutture sanitarie sui territori, perchè a questo serve pagare le tasse. E ancora verificare a tappeto la procedura di accoglienza pazienti nelle strutture private e negli studi medici privati”.
La Federcontribuenti nel corso degli anni ha svolto indagini nelle strutture sanitarie private e pubbliche ed ha più di tutti evidenziato il rischio che, ”il 60% delle risorse pubbliche previste per il SSN vengano dirottate verso il privato con gravi ripercussioni a danno dei cittadini meno abbienti; inoltre è nel privato che nasce e vive l’evasione fiscale”.
A 60 anni dalla nascita del SSN una riforma non basta più, ”occorre radere al suolo un sistema dove le eccellenze vengono soffocate dal malaffare fatto di camici bianchi politicizzati”.
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