Ognuno di noi, uomo, donna o adolescente, è parte integrante della collettività: la nostra società. Ragion per cui, ognuno di noi, rappresenta nella collettività una cellula. Ed è proprio l’individualità che sviluppa il bisogno del collettivo. Questa visone dell’esistenza è certamente radicata in tutti noi che, al fine di vivere, di sopravvivere abbiamo, comunque bisogno di alcune certezze. Porti sicuri dove andarci a riparare durante le tempeste.
Le certezze. Ed è così, allora, che prima dell’insediamento di questo governo di tecnici – ci veniva detto – provvisorio, composto da ingegneri della finanza, dell’economia, del lavoro era proprio la parola incertezza che veniva veicolata tra tutti noi, tra tutta la gente, tutte le persone. La paura e l’incertezza. Non vedevamo il futuro, ci veniva proibita una logica, attenta visione del futuro tanto buio e nascosto tra le ceneri di un futuribile mondo al contrario. Non conoscevamo la nostra sorte. Non riuscivamo nemmeno lontanamente ad immaginare il percorso della vita dove ci avrebbe condotto. E, cosa ancor peggiore, dove avrebbe condotto i nostri figli. Ed in questa condizione di esseri sopravviventi che abbiamo creduto, abbiamo sperato che l’avvento di un governo tecnico potesse rappresentare quel cambiamento, coinvolgendo l’aspetto psicologico ed emotivo, auspicato da tutti. Rivedere, attraverso le ombre a tinte fosche, attraverso il tunnel della agognata speranza, il futuro. E, così, l’abbiamo visto.
E’ apparso quello che nessuno di noi lontanamente immaginava.
Pensare che qualcuno aveva inizialmente definito il dottor Monti un uomo di sinistra. Inizialmente quasi osteggiato dai partiti di centro destra che vedevano in lui una preoccupante intrusione negli affari del precedente governo. Il futuro improvvisamente è divenuto chiaro, limpido. Abbiamo tutti visto cosa ci fosse dietro quella ipotetica linea di demarcazione, quel confine sottile tra il bene ed il male.
Ci è apparso immediatamente ciò che prima non riuscivamo a vedere, a comprendere. Cosa, effettivamente ci aspettasse. Patrimoniale, l’imu, bollo sui conti correnti maggiorato, più tasse, meno spese pubbliche, meno occupazione, trasformazione del contratto di lavoro, articolo 18 da eliminare, la tav da portare avanti, i lavoratori da portare indietro, il fingere di occuparsi dei costi della politica, cancellare cento anni di battaglie e lotte sindacali. Costi quel che costi.
Avremmo mai potuto riappropriarci del nostro futuro in questi termini? Avremmo mai voluto rivedere, “…oltre il nebbione umido che ci avvolge…”(cit) il futuro dei nostri figli? Avremmo mai sperato, continuato a sperare che con l’avvento del nuovo Messia della finanza potesse davvero cambiare qualcosa? Avremmo mai sperato che finalmente dovesse pagare chi fino ad oggi non l’ha mai fatto?
L’illusione di un cambiamento della politica, legata a doppio nodo all’economia, di questo nostro povero – solo per gli onesti, i civili, i sensibili, i sognatori – Paese è durato il sorgere del sole.
Sia chiaro non voglio assolutamente pensare che era meglio il passato ma che, sicuramente, non è cambiato nulla ed è sotto gli occhi di tutti. I vostri occhi. Gli occhi di chi, come me, ha ancora la forza di indignarsi.
Pierpaolo Gentili
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