In un anno, da marzo 2016 a febbraio 2017, avviate oltre 12 mila procedure concorsuali. La crescita è stata pari a -1,6% con 16 mila artigiani costretti a chiudere con 99 mila imprese cessate. Un anno nero, l’ennesimo che segna una impennata della disoccupazione. Federcontribuenti: ”normalmente la dichiarazione del fallimento avviene a distanza anche di un anno, lasciando alla deriva tutti gli adempimenti fiscali, bancari e dei dipendenti, un tempo infinito che potremmo usare per salvare le aziende”.
La disamina è della responsabile dell’area imprese di Federcontribuenti, dott.ssa Rosa Friello: ”questo ritardo burocratico crea una spirale di aumento dei debiti con l’aggiunta di sanzioni ed interessi che fanno lievitare il debito dell’impresa nei confronti dello Stato e dei dipendenti.
L’Erario non rientrerà mai del credito vantato e i dipendenti creano un altro vortice di spesa pubblica come l’indennità di disoccupazione, gli aiuti sociali alle famiglie ed altri ammennicoli vari.
Sarebbe opportuno dare la possibilità alla azienda di potersi riprendere con una semplice concessione di un amministrazione controllata attraverso dei professionisti iscritti e che subentrano insieme al titolare nella conduzione della azienda per un recupero dei crediti e nel trattare con gli enti preposti, vale a dire con l’AE, INPS, INAIL e con le banche per un piano mirato di ristrutturazione”.
Queste procedure di salvataggio e di ristrutturazione aziendale agevolato sono concesse solo alle grandi aziende; insomma, i tribunali nutrono un certo asservimento verso i nomi importanti mentre non si fanno scrupoli verso le piccole imprese. I danni prodotti in questi anni sono devastanti:
” desertificazione di intere provincie con la moria delle aziende con abbrutimento del tessuto
sociale; l’indebolimento dello Stato che non riceve più IRPEF dai lavoratori; l’INPS che non riscuote più le trattenute mensili sia del lavoratore sia della azienda; perdita del patrimonio privato dei cittadini a favore di grandi colossi immobiliari bancari che poi faticano a disfarsene visto il mercato immobiliare in caduta libera; crollo dei consumi e crollo del numero dei contribuenti”.
Perchè falliscono le piccole imprese?
”Sostanzialmente perchè non hanno nessun tipo di tutela e privilegio come invece hanno le grandi aziende. Subiscono una concorrenza sleale sul mercato, hanno una tassazione maggiore del 25%, non hanno la compiacenza delle banche e non hanno canali di distribuzione pari alle grandi per le quali la strada è tutta in discesa. Un disegno assurdo se pensiamo che il vero motore dell’economia interna e della occupazione sono proprio le PMI”.
”Ci manca un progetto politico per il futuro, un programma a medio e lungo termine che di certo non si sposa con la guerra politica in atto. La forza economica di un Paese si misura attraverso la sua produzione industriale e reddito procapite, oggi mancano entrambe. La deflagrazione che ha investito tutti i comparti più piccoli ha ucciso le nostre eccellenze che erano diventate vanto mondiale. La mancanza di lavoro e quindi di reddito e quindi di numero di contribuenti sta continuando ad impoverire non solo il tessuto industriale e sociale, ma anche la capacità di investire nel turismo e nella cultura riducendo i numeri di visitatori nel nostro Paese.
Mentre ci occupiamo di alta finanza e la svendita di patrimoni storici, proprio ciò che dovremmo evitare come la peste, non abbiamo mosso un dito nella direzione della tutela ambientale e occupazionale smuovendo le montagne in cerca di fondi per aiutare i redditi da povertà. Ci manca solo la sovranità oppure la politica è diventata solo mezzo di arricchimento personale? Chi ha un piano quinquennale, un programma di sviluppo, un piano per il rilancio che non sia solo un elenco di slogan?
Comunque invitiamo le PMI in difficoltà a non mollare e a cercarci aiuto. A volte basta davvero poco.