Ricchezza finanziaria, la conta dei risparmi degli italiani: l’ultimo dato di Banca d’Italia parla di 951,98 miliardi di euro. Federcontribuenti: ”Bankitalia ha anche calcolato che le banconote in circolo e non depositate ammontano a 4 mld di euro quasi il doppio dell’intero debito pubblico”. Ricchezza e risparmio accumulabili solo con il lavoro. A che punto siamo?
Un divario pazzesco tra vecchia e nuova classe lavoratrice, vale a dire tra vecchi e nuovi contratti e condizioni lavorative. 15 milioni e 500 mila famiglie hanno una situazione economica migliore; di queste il 40% sono composte da un capofamiglia con solo la licenza media, il 30% con un capofamiglia diplomato e il restante con almeno una laurea in casa.
E i giovani lavoratori?
Su 60 milioni e 400 mila italiani residenti solo in 23 milioni e 215mila hanno un lavoro. In termini percentuali il 38,4% della popolazione italiana mantiene economicamente l’intero apparato sociale e governativo. Un italiano su cinque ha un contratto a tempo indeterminato con un reddito medio pari a 20 mila euro, tutti gli altri hanno contratti instabili: 2 milioni hanno un contratto a tempo pieno, ma a termine; 3 milioni lavorano a tempo parziale.
13 milioni e 261mila, pari al 23,2% pur avendo l’età per lavorare risultano inoccupati.
Complessivamente le assunzioni, riferite ai soli datori di lavoro privati, nel 1° quadrimestre 2019 sono state 2.320.000.
Lavoro occasionale
La consistenza dei lavoratori impiegati con Contratti di Prestazione Occasionale (CPO), ad aprile 2019 si attesta intorno alle 19.000 unità; l’importo medio mensile lordo della loro remunerazione effettiva risulta pari a 224 euro.
Effetti a medio termine.
”Quando i risparmi accumulati dai nostri genitori finiranno, senza che nel frattempo non si sia agito concretamente sul grave problema lavoro in Italia, non ci resteranno che i debiti e i rimorsi.
Il governo deve introdurre, con decreti legislativi immediati: norme dirette a ridurre, eliminare e riformare le spese fiscali che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali ed economiche e che in molti casi costituiscono una duplicazione. Senza contare la priorità della tutela dei redditi di lavoro, di pensione, della famiglia, della salute e delle persone economicamente o socialmente, nonché dell’ambiente e dell’innovazione tecnologica.
A tutti coloro i quali temono che, un salario minimo istituito per legge, possa scoraggiare i datori di lavoro o i grandi investitori rispondiamo che non possono ricadere sui lavoratori le pessime politiche contrattuali a livello nazionale ed europeo. Che solo lavorando concretamente e simultaneamente sul piano della riduzione del carico fiscale, alla lotta alla corruzione anche nella classe dirigente e con un adeguato controllo sul territorio possiamo aggredire il nero e dare valore al mondo del lavoro ristabilendo parità di trattamento tra chi versa le tasse e chi no. Non possiamo sostenere più le paghe da fame che vanno dalle 3 euro l’ora di un disperato alle 230 euro al giorno di un top manager. Occuparsi della disperata situazione lavorativa significa investire in futuri contribuenti che non potranno che essere una risorsa per tutta la nostra economia. Inoltre occorre liberare la contrattualistica tra datore e lavoratore dal monopolio dei sindacati che ci sembra, dagli anni 80, non siano stati in grado di capire e affrontare le problematiche. Quando hanno iniziato ad aggredire e ad uccidere la nostra arte manifatturiera, a far scomparire le nostre fabbriche ad una ad una, cosa facevano? Abbiamo voluto fare i sbruffoni infilandoci nell’ingranaggio dell’alta finanza dimenticandoci le nostre infinite e pregiate e invidiate risorse e ora subiamo il ricatto. Temi affrontati da tutti i Paesi Ocse tranne il nostro”.
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