Federcontribuenti allarma: dopo la pandemia riprendono le truffe legate alle multiproprietà.
Il Presidente Paccagnella tuona: migliaia di malcapitati investitori
stanno ricevendo richieste di pagamento tra i 4mila e gli 8mila euro.
Il post-pandemia è una nuova occasione di riscossione coattiva per i furbetti delle multiproprietà: in queste settimane migliaia di malcapitati investitori stanno ricevendo richieste di pagamento che vanno dai 4mila agli 8mila euro.
Lo denuncia Federcontribuenti, spiegando che durante la pandemia le multiproprietà sono rimaste chiuse e gli investitori, nella maggior parte dei casi, non hanno ricevuto alcuna richiesta per il mantenimento annuale. Adesso, però, si vedono recapitare ingiunzioni di pagamento e richieste di denaro che servono a rivalorizzare la struttura.
“È solo l’ultima delle truffe legate alle multiproprietà – commenta Marco Paccagnella, presidente della Federazione. – Purtroppo chi ha effettuato questo investimento non può fare altro che cercare di ridurre il più possibile le perdite. L’unica soluzione è rivolgersi a uno specialista”.
Trent’anni fa – ricorda Federcontribuenti – le multiproprietà erano vendute come investimento ad alto profitto.
In alcuni casi, la multiproprietà, veniva presentata come uno status symbol che permetteva di accedere a circuiti esclusivi. Chi proponeva l’investimento, tuttavia, non si soffermava sui costi elevati: mantenimento, gestione, iscrizione a vari circuiti, plusvalenza dei luoghi richiesti, ammodernamento strutture, gestioni straordinarie e amministrazioni poco chiare.
A fine millennio si stimavano 230mila famiglie italiane con almeno una multiproprietà in Italia o all’estero, complessivamente avevano acquistato almeno 700mila settimane. All’inizio del nuovo millennio, molti si erano pentiti dell’investimento, soprattutto coloro che avevano investito all’estero. Questi ultimi, infatti, non possedevano una quota di proprietà ma un semplice diritto d’uso con una durata di 50 o 99 anni.
Delle 230mila famiglie italiane stimale, circa 90mila di queste si sono trovate nella situazione appena descritta. Per correre ai ripari e cercare di ridurre, quanto più possibile, il danno, hanno provato a permutare la proprietà all’estero con una in Italia. Tentativo, anch’esso, rivelatosi fallimentare nel breve tempo.
La bolla è esplosa definitivamente nel 2005, anno in cui la maggior parte dei multiproprietari ha provato a vendere anche a costo di perdere il 90% dell’investimento iniziale. A quel punto, le multiproprietà erano invendibili poichè nessuno credeva più nel loro valore.
“La maggior parte degli investitori non è ancora riuscita a liberarsi da questa obbligazione – conclude Paccagnella. – Le strade sono due: rassegnarsi a pagare anche queste nuove richieste, oppure affidarsi ad un professionista che sia in grado di rescindere il contratto”.
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