Spendiamo 600 milioni l’anno per mantenere 556 Centri per l’impiego ma solo il 3% degli occupati dichiara di aver trovato occupazione tramite un centro. Federcontribuenti: ”ultimo caso l’azienda di Padova, gli è bastato mettere l’annuncio sui social per ricevere centinaia di curriculum”. Previste nuove assunzioni nei centri per l’impiego pari a 1.600 unità. Per le politiche del lavoro spendiamo ” 7 miliardi di euro; il 55% destinato ad incentivi per le assunzioni, il 40% alla formazione, il 4% all’avvio di start-up e l’1% alla creazione diretta di posti di lavoro.
Prima di sognare la luna sarà il caso di guardare al concreto, ”su 100 nuove assunzioni solo 1 proviene da un centro per l’impiego e questo sta a significare che manteniamo 556 centri improduttivi. Chi cerca personale utilizza i social o chiede in giro per trovare personale qualificato”. I centri dell’impiego dovrebbero, provincia per provincia, ”numerare i disoccupati, catalogarli per qualifica, dare formazione a chi non ha titoli o qualifica, mantenere viva una rete di comunicazione con le aziende locali. Insomma, dovrebbe trovare lavoro a chi un lavoro lo cerca”. Il personale dei Cpi si aggira intorno agli 8 mila operatori, l’88% gode di una copertura contrattuale a tempo indeterminato, ”se entrassimo in un centro per l’impiego ci accorgeremmo subito dello stato di abbandono e incuria in cui versano i suppellettili come gli stessi operatori. Eliminando questi centri per l’impiego e tutto il castello burocratico e gerarchico potremmo accantonare ogni anno un miliardo di euro da investire nelle imprese che danno occupazione”.
Ogni attività pubblica è un castello di dirigenti, burocrazia e assemblee, ”i famosi tavoli di concertazione, come lo Stato delle Regioni, come le riunioni tra i dirigenti disperdono infinite risorse economiche che non vanno ad aiutare i territori. Come se volessimo riempire una piscina olimpionica prendendo acqua con un secchiello da una fonte a 100km di distanza: quante gocce si perderanno lungo il percorso? Non dobbiamo incrementare il personale nei centri di impiego, dobbiamo rendere produttivi quelli esistenti tagliando a monte, nella fascia dei dirigenti, le risorse”.
Centri per l’impiego, enti di formazione, patronati. Inefficienza, dispersione e spreco di risorse. Per le politiche del lavoro spendiamo ” 7 miliardi di euro mal spartiti; il 55% viene destinato ad incentivi alle assunzioni, il 40% alla formazione, il 4% all’avvio di start-up e l’1% alla creazione diretta di posti di lavoro. Numeri da invertire assolutamente. Non dobbiamo incentivare le assunzioni, ma sostenere chi crea occupazione investendo in Italia. La Formazione poi è diventato un business quando invece andrebbe fatta nelle aziende per quanto riguarda i professionisti e in maniera più oculata per le professioni pubbliche.
Inoltre rischiamo l’ennesima procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea proprio per la gestione delle risorse messe in campo dalla UE per l’impiego: ”la normativa europea prevede che gli stanziamenti si possono utilizzare solo per finanziare progetti specifici e non invece per i pagamenti di stipendi di personale a tempo indeterminato di centri improduttivi”.
Possibili soluzioni
Tra la domanda e l’offerta di lavoro il vuoto incombe.
Eliminare ”il fattore politico, burocratico e di intermediazione dai centri per l’impiego – spiega il presidente della Federcontribuenti Marco Paccagnella – per creare un fondo nazionale per il sostegno all’occupazione pari a 800 milioni l’anno. I CpI possono trovare spazio anche in un ufficio comunale, ce ne sono sempre di inutilizzabili, con un risparmio notevole per lo Stato. Dopodiché il personale del CpI non dovrà fare altro che numerare i disoccupati, mappare le imprese sul territorio e agire concretamente nel vuoto che si è creato tra l’offerta e la domanda di lavoro”.
Nota personale del Presidente Marco Paccagnella
”Uno dei peggiori mali di questo paese sono gli incentivi economici che aumentano la spesa e naturalmente la tassazione. Se tutti questi fondi e molti altri venissero impiegati per abbassare il costo del lavoro gli imprenditori assumerebbero con più facilità e magari assumerebbero anche una persona in più del bisogno per creare una situazione meno stressante per i lavoratori sul posto di lavoro. In tutto questo vecchio marasma se ne aggiungono di nuovi: reddito di inclusione, reddito ci cittadinanza a significare che proprio non si è capito niente e che la direzione assunta è all’opposto della retta via. Dare uno stipendio a chi non lavora o già lavora in nero, in uno Stato ove ci sono migliaia di falsi invalidi stride ferocemente con la cosiddetta normalità che ci manca……. come l’onesta, l’umanità”.
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