Un emendamento approvato lo scorso 30 novembre in Commissione Finanza e Lavoro del Senato dei relatori, Emiliano Fenu (M5S) e Mauro Laus (Pd), al D.L. su fisco e lavoro (D.L. n. 146/2021) e su richiesta da parte di Agenzia delle Entrate sulla «non impugnabilità delle cartelle di pagamento risultanti dell’estratto di ruolo». Federcontribuenti: ”pronti a chiamare in causa la Corte Costituzionale per manifesta incostituzionalità in quanto, l’emendamento, lede il diritto alla difesa di tutti i contribuenti”.
Il governo chiede a Ruffini di batter cassa e l’AdER chiede al governo di spianargli la strada limitando gravemente il diritto alla difesa dei contribuenti. In pratica l’Agenzia delle Entrate invita la politica a ridurre il contenzioso a scapito del contribuente perché la maggior parte dei ricorsi proposti dal contribuente vengono accolti nei tribunali. L’ufficio legale di Federcontribuenti è unanime nel definire tale emendamento incostituzionale: ”l’emendamento approvato in Commissione Finanze e Lavoro è di per sé iniquo poiché lede il diritto alla difesa, (art. 24 Costituzione), dei contribuente ad opporsi ad una pretesa tributaria illegittima (Statuto del Contribuente – L. 212/2000) ed, inoltre, si scontra con l’orientamento della Cassazione che ha riconosciuto al contribuente il diritto di opporsi alle pretese risultanti dall’estratto di ruolo” (Sez. Unite n. 19704/2015 e Cass. nn. 3990/20, 14192/21, 28137/21 e 34046/2021). La classe politica non vuole comprendere un principio assoluto: ”fin quando le pretese fiscali supereranno la capacità reddituale dei contribuenti questi ultimi non potranno mai pagare e aggredirli è incostituzionale ma poi, può essere il lupo a dire al pastore come difendere le pecore? Possono dei politici eletti per rappresentare i cittadini approvare norme che ne ledono i diritti?”.
Contro questo emendamento pronti a chiamare in causa la Corte Costituzionale. ”Abbiamo contribuenti raggiunti da pretese di pagamento ingiuste per mille e più motivi risultanti dall’estratto di ruolo e si vuole invece intervenire con l’esecuzione forzata lasciando i contribuenti nel limbo dei – debitori a vita – per pretese illegittime creando un pericoloso precedente”. Attualmente il valore complessivo delle controversie pendenti ammonta a circa 42,1 miliardi di euro; il 62,8% sono in giacenza da meno di 2 anni, il 30,4% ha periodo compreso tra 2 e 5 anni e solo il 6,8% è in giacenza da più di 5 anni. Il valore complessivo dei ricorsi presentati nel 2020 è pari a 17,1 miliardi di euro e il valore medio della singola controversia tributaria è pari a circa 113 mila euro. Nel primo grado di giudizio, le definizioni relative ai ricorsi di valore inferiore o uguale a 50 mila euro rappresentano l’84% e sia in primo che in secondo grado, gli esiti completamente favorevoli al contribuente si attestano rispettivamente al 27,4% in primo grado e al 30,8% in secondo grado. ”Se questo emendamento diventasse Legge i contribuenti non avrebbero più il diritto alla difesa e si vedrebbero soccombere anche nei tribunali dalle aggressioni fiscali”
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