La Corte dei Conti boccia lo spesometro, il redditometro e gli studi di settore. L’Agenzia delle Entrate le difende spiegando che, tali invenzioni, si basano su importanti calcoli statistici messi a punto anche con la collaborazione delle associazioni di categoria: ci si domanda come tali associazioni intendano la difesa della categoria chiamati a rappresentare. Spesometro, redditometro e Studi di settore non sono altro che strumenti adottati ad obbligare il pagamento di imposte di possesso. Quando chi è al governo approva decreti di correzione e di lotta all’evasione, perchè, queste, non sono soggette alla preventiva autorizzazione della Corte dei Conti?
Marco Paccagnella, presidente della Federcontribuenti ha una idea precisa sugli interventi da fare per correggere le storture di questa disciplina autolesionista: ‘‘ Riscrivere la politica fiscale, finanziaria, economica: cambiare marcia, assetto, cultura. Abbiamo pochi contribuenti, intesi come paganti, e una platea di lavoratori in nero, evasori totali che sfuggono ad ogni marchingegno di controllo. Che senso ha imporre dozzine di imposizioni fiscali all’anno, dimenticando che spesso si subisce una doppia o tripla tassazione, cioè, come imprenditore, datore di lavoro e padre di famiglia? Un dipendente arriva a costare fino a 50 euro al giorno ed ecco spiegato come lo stesso dichiara più reddito del datore di lavoro. Applicando i tagli, quelli veri e non palliativi, attuando poche ma incisive misure correttive, avendo ben chiaro quanto a testa un contribuente deve pagare all’anno per mantenere la pubblica amministrazione, possiamo scegliere un importo fisso per categoria ed eliminare le mille voci utili solo a giustificare la presenza di mille enti inutili. Un cittadino non deve pagare per ogni euro guadagnato, ma, deve contribuire al mantenimento dei pubblici servizi. Infine, un cittadino ha diritto ad arricchirsi del proprio lavoro, ha diritto di godere dei benefici della propria intelligenza e capacità produttiva ”.
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