Canone Rai – Equitalia. Federcontribuenti ”ci aspettiamo per settembre un’ondata di richieste”. Partendo dal canone Rai ”sono già state numerose da parte dei nostri associati delucidazioni in merito, – spiega il presidente Paccagnella -, non tanto su come non pagare il canone ma in riferimento alle pubblicità delle varie compagnie di energia elettrica”. Chi verserà il canone scontato dalle società all’Erario? Ma il canone Rai è davvero una tassa obbligatoria?
La Rai è una società per azioni e come tale emette una fattura a fronte di un servizio erogato, peccato che non viene data la possibilità di scegliere se richiedere il servizio ma, lo fanno passare come un obbligo fiscale violando ogni principio giuridico e ”di certo avremo notizie della sua incostituzionalità”. Il trucco usato è semplice, la Rai è la concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo per contratto siglato tra l’azienda e il governo il quale esercita potere e controllo con la sua commissione RAI. Pochi ricordano che nel 1995 un referendum popolare promosso dai Radicali vide vincere il fronte del si alla privatizzazione, vale a dire la totale esclusione politica e governativa dalla RAI. Tornando alla pubblicità, ” offerte e i rimborsi promessi dalle varie società di luce e gas su un tributo? Avete mai si è visto una tassa scontata o regalata come mele al supermercato? Per questo a settembre partiremo con una causa pilota e ricordiamo che basta una azione civile per ottenere quanto pagato e non dovuto.
Equitalia ha promesso di lasciare le cartelle pronte a partire in ufficio fino alla fine di agosto. ”Quel che farà Equitalia ci interessa poco anche perchè la stessa risponde a normative e linee guida scelte dal MEF. L’intento è sempre lo stesso, racimolare quanti più soldi è possibile senza tener conto dei debiti non più dovuti o perchè decaduti, o perchè prescritti o perchè annullati da sentenze. Abbiamo scoperto che le spese di istruttoria, come fanno le banche, vengono inseriti nella prima rata e questo è un abuso in piena regola anche in questo caso siamo pronti a partire con i ricorsi”.
Se vuoi lavorare in Italia puoi. Devi solo accettare la mobilità. Devi essere mobile nei pagamenti, nel senso che non sai quando avrai i tuoi soldi; mobile sul luogo, nel senso che un bel giorno potrebbero obbligarti a cambiare regione di residenza; mobile negli orari e soprattutto flessibile nei diritti, nel senso che se vuoi lavorare basta non rompere le uova nel paniere dei sindacati. Tuttavia, le scadenze fiscali sono improrogabili anche per quei piccoli imprenditori che entrate fisse non le hanno e che devono anticipare allo Stato soldi che pensano potrebbero guadagnare l’anno successivo. In un Paese dove le parole non hanno più un senso letterario, mobilità e flessibilità significano tornare al tempo dei negri nelle piantagioni di cotone. Il lavoro è una cosa seria, che ci nobilita, che ci rende orgogliosi e le leggi sul lavoro sono il pilastro di ogni Nazione democratica e quindi non si dovrebbero salvaguardare i giorni di festa ma denunciare i mancati turni, gli orari bestiali, il lavoro nero e i salari da fame, insomma lo schiavismo che si nasconde dietro chi polemizza perchè a ferragosto non vuole lavorare. Una battaglia che dovrebbe riguardare ogni categoria di lavoratori, inclusi gli spazzacamino.
I lunghi tempi dell’insorgenza civile.