«Questo giudice non mi garba, perciò, cambio foro». È successo ad Enrico Ceci che ha deciso, dopo aver tentato per anni di ristabilire in Italia un po di giustizia, di portare a Strasburgo la sua storia. Siccome il primo marzo 2012 il Tribunale di Parma ha dato ragione al giovane Ceci e ha sancito che il primo licenziamento intimatogli da Cassa di Risparmio di Cesena era illegittimo, la banca, ha “spostato” il Foro competente da Parma a Forlì violando un certo numero di leggi fino a prova contraria ancora vigenti nel nostro Paese. Il Giudice Cortesi è arrivato a definire un nuovo principio giuridico ad hoc non supportato peraltro da alcuna sentenza e creando un pericoloso precedente. Una qualunque Azienda, seguendo tale nuovo principio giuridico, potrà da ora in poi predeterminare a suo piacimento il foro di competenza in contrasto con il principio costituzionale del giudice naturale. Il Mostro ancora una volta in Italia non sarà il potente di turno che commette i reati, ma chi denuncia il potente per reati di grave pericolosità sociale. La recente ordinanza emessa dal Giudice Cortesi di Forlì ne è la prova più eloquente: nessuna delle motivazioni preliminari sollevate da Ceci e sollevabili d’ufficio dal Giudice stesso è stata tenuta nella minima considerazione. Ognuna di tali motivazioni avrebbe preliminarmente consentito ictu oculi di definire inammissibile/illegittimo il secondo licenziamento intimato da Cassa di Risparmio di Cesena per una serie di motivazioni tutte peraltro validamente espresse. L’escamotage: il 3 aprile 2012 Ceci riceveva la comunicazione della seconda sanzione disciplinare di licenziamento, fondata in buona sostanza sui medesimi fatti già contestati con il primo licenziamento. La stranezza è che il giorno prima, il 2 aprile 2012 la Cassa di Risparmio di Cesena provvedeva a depositare un ricorso con il quale chiedeva al Giudice di Forlì di accertare e dichiarare la legittimità del secondo licenziamento. Il nuovo principio giuridico – chiaramente espresso nella ordinanza del Giudice Cortesi datata 14 ottobre 2013 afferente il procedimento 219/2012 – afferma infatti che Cassa di Risparmio di Cesena – in data 2 aprile 2012 – non solo aveva interesse/legittimità ad agire, ma anche era legittimata a chiedere al Tribunale di Forlì l’accertamento della legittimità del licenziamento il giorno prima che il lavoratore sapesse di essere stato licenziato. Tale pronunciamento viola in toto i diritti di un qualunque lavoratore Italiano e si pone in contrasto con principi costituzionali e comunitari (art.25 comma 1 della Costituzione, art.6 comma 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art.47 comma 2 Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea). Le conseguenze spiegate dal presidente di Federcontribuenti, Marco Paccagnella: «oggi potremmo avere un operaio licenziato a Cagliari costretto a difendersi ad Aosta o viceversa. Costretto a lunghi e costosi spostamenti e costretto a subire una doppia ingiustizia. Ricordiamo che Ceci è quell’impiegato che ha denunciato gravi, gravissimi atti criminali come il riciclaggio. Quindi è pensabile che su di lui ci siano attenzioni particolari da parte di soggetti che hanno tutta l’intenzione di fargliela pagare cara». Enrico Ceci si è dovuto tra l’altro “dissanguare” economicamente essendo stato costretto a difendersi in numerosi procedimenti in due Tribunali distanti più di 200 chilometri l’uno dall’altro. L’abnormità di quanto capitato è evidente anche ad un profano e sinceramente fatichiamo a comprendere come un Giudice ed un Presidente di Tribunale possano permettere che certi fatti accadano senza difendere i diritti di un lavoratore e senza neppure ascoltare chi sta tentando – forse inutilmente – di tutelare il giovane lavoratore. Senza dimenticare che lo scorso febbraio 2013 si informava il Procuratore Capo di Ancona delle indagini a rischio. La si invitava a vigilare con particolare attenzione sull’operato del PM assegnatario delle indagini sulla Cassa di Risparmio di Cesena.
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